domenica 12 dicembre 2010

Ospedale

Non appena vi entri
senti uno strano odore:
non è puzza,
ma non ti piace,
ti crea sconforto .
E quando prendi l'ascensore
ti guardi i piedi.
Di sfuggita le pupille raggiungono
lo specchio, ad incrociare occhi
con storie differenti,
magari meno gravi della tua,
meno preoccupanti.
E allora riprendi a guardardi le scarpe.
Poi entri nel reparto.
Bisbigli, il respiro è soffocato,
hai paura di disturbare quella quiete
che ti lascia senza fiato.
Poi varchi la soglia
ed ecco lì, lo vedi
fermo, inerme,
più debole di un verme.
Così delicato che sembra
che basti una carezza
per romperlo, per sfilare un tubo.
Poi ti giri, fai l'indifferente
e senti caldo.
Arrivano le lacrime,
quelle che non vorresti far vedere a nessuno,
soprattutto a lui.
Quelle che forse, forse stanno
lì da chissà quanto, in bilico.
Esci, scappi, scoppi.
Riprendi l'ascensore, lo specchio non lo guardi.
Non vuoi farti scrutare da altri sguardi.
Una monetina, la metti
nella macchinetta, bevi tutto d'un fiato,
per bloccare le lacrime che continuano
a scorrere.
Non ti accorgi nemmeno che non è caduto il resto.

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